martedì 3 novembre 2009

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA DOCENTI E RICERCATORI PRECARI UNIFI

Dopo la pausa estiva protrattasi fin nell'autunno inoltrato è necessario riprendere le fila dei discorsi avviati lo scorso anno.
E' ancora più necessario per l'apparizione del disegno di legge della paventata riforma Gelmini-Tremonti, che, stante il taglio dei fondi alla ricerca, prefigura un'università verticistica, antidemocratica e aziendalizzata, e delinea un lugubre destino per i lavoratori esterni della ricerca e della docenza sempre più esternalizzate e precarizzate.

L'assemblea è convocata per mercoledì 4 novembre ore 18.00 allo SNUR in piazza Indipendenza, 8

Partecipate numerosi, ne va del nostro futuro, e diffondete l'appello di convocazione.

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Coordinamento docenti precari Unifi

Riprendere la parola, rilanciare il movimento

Appello per un'assemblea nazionale a Roma a “La Sapienza” venerdì 20 Novembre
Il Disegno di legge per la riforma dell'Università, da poco approvato in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola. E' passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che hacongelato ogni ipotesi di riforma organica dell'università, invadendole piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell'Onda, che hasaputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre eprivo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, èdilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca,già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell'autunno del2005.
La forza dell'Onda ha in buona parte fermato l'iniziativa governativa(ricordiamo che al seguito dell'approvazione del Dl 137 sulla scuola –29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge ancheper l'università), ma non è riuscito ad ottenere l'annullamento deitagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dallaLegge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi dieuro per l'università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre piùcarico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debolesul piano del conflitto, il governo ha ripreso l'offensiva.
Il Ddl colpisce a morte l'università pubblica, riorganizzandola apartire dall'insistenza dei tagli. Se la parte relativa allagovernance prefigura università snelle (per numero di facoltà), privedi democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organicollegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio diamministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordinodel diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce ilprestito d'onore per gli studenti, imponendo la formula del debitoindividuale in sostituzione ai diritti comuni.
Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogoviene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori atempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi,dopo sei anni e un'abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi postida professore associato, in concorsi locali e notoriamente“meritocratici” ma in realtà profondamente opachi , i cui criterirestano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. Ingenerale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un versonessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari vieneassunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzanol'università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, icontratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti didocenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per laricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell'universitàpubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà ladidattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcunincremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potrannoassumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore aquello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personaleconfermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non farannoche aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione delprecariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariatodella ricerca lo moltiplica all'infinito.
È chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere sidefinirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissionedell'università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso.Un'università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati didifendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dalnostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei taglie del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziarequesta riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si puòvincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativadel ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia sispende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevedealcun incremento.
Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, perconfrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinireuna piattaforma e un'agenda di lotte condivise. Un'agenda che non silimiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già incantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni perrilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e alungo termine, che riguardi l'università e la ricerca, ma che si leghianche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci aimmaginare e a pretendere un nuovo Welfare.
A partire da queste premesse e convinti che le nostre parolerispondano ad un'esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20novembre, alle ore 14 presso la Sapienza un'assemblea nazionale con ilseguente ordine del giorno:
1. Analisi del Ddl2. Piattaforma delle rivendicazioni3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali
Con questo appello riteniamo fondamentale coinvolgere nellapartecipazione e nel dibattito gli studenti e i precari della scuola.

Laboratori Precari - Rete dei dottorandi e ricercatori precari delleUniversità di Roma http://laboratoriprecari.blogspot.com

Coordinamento Nazionale Precari della Ricerca-Flc Cgil

venerdì 30 ottobre 2009

RISPOSTA AL MESSAGGIO DI SALUTO DEL RETTORE USCENTE

Al rettore Augusto Marinelli

Le centinaia di docenti a contratto dell'Ateneo fiorentino La ringraziano vivamente per l'attenzione loro riservata nel Suo messaggio di saluto,
nonché per l'ardita manovra, da Lei sottoscritta, che ha azzerato i fondi alla docenza a contratto in questo anno accademico,
manovra che ha consentito al capitale umano costituito dai docenti esterni di poter lavorare a titolo gratuito a beneficio dell'Ateneo,
dimostrando così finalmente di essere lavoratori capaci di impegnarsi senza alcun interesse venale nella sfida sempre nuova della qualità e del confronto internazionale.

Cordiali saluti

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Coordinamento docenti precari Unifi

docentiprecariunifi@gmail.com
http://docentiprecariunifi.blogspot.com



---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: <augusto.marinelli@unifi.it>
Date: 28 ottobre 2009 13.56
Oggetto: Messaggio di saluto
A: personale-l@unifi.it

A conclusione del mio mandato di Rettore desidero rivolgere un
cordiale saluto a tutto il personale dell'ateneo, docenti e
tecnici-amministrativi, ai membri degli organi di governo, di
valutazione e di controllo, ai dirigenti, al direttore amministrativo,
ai prorettori e ai delegati, con il più vivo ringraziamento per
l'impegno profuso in questi anni e per la collaborazione instaurata a
beneficio dell'ateneo, convinto che la nostra Università ha nel suo
capitale umano il patrimonio più prezioso, che permetterà di
affrontare le sfide sempre nuove della qualità e del confronto
internazionale.

Con viva cordialità e auguri di buon lavoro.

Augusto Marinelli

lunedì 7 settembre 2009

Università - LA PRECARIETÀ ACCADEMICA, OVVERO IL GIOCO DEL SILENZIO

di Ilaria Agostini, ricercatrice-docente precaria

È legittimo chiedersi perché in Italia i precari, forza numericamente rilevante, assorbano in silenzio i colpi impietosi loro inferti da un sistema lavorativo che, qualche decennio fa, avrebbe procurato notti insonni a datori di lavoro, privati o pubblici, a imprenditori o rettori. Il fenomeno dei lavori a termine conosce, nell'ambiente universitario, dove peraltro ha dimensioni dilaganti, la sua massima espressione di afasia: al ricercatore-docente avventizio, con mansioni da "adulto", ma status di "giovane" individuo non ancora accolto dalla comunità, è precluso l'ascolto e la parola. Non sente la voce ufficiale dell'istituzione che lo esclude, più per consuetudine che per legge, dalle assise accademiche e dalla vita "democratica" di ateneo, adducendo a motivo la intrinseca inafferrabilità della categoria precaria. Anche la voce sindacale, cui il lavoratore disagiato è tradizionalmente sensibile, è flebile: i sindacati stentano ancora ad accettare tanta perversione in un territorio da sempre off-limits.

Il lavoratore provvisorio non sente il richiamo del branco, che non esiste. Il temporaneo della ricerca e della docenza universitaria non è un animale gregario, si mantiene su posizioni di autismo culturale; individuo solingo in un ecosistema ostile, si concentra sulla propria sorte e ricama su se stesso. I colleghi li ritiene competitori diretti, a maggior ragione se precari anch'essi; anzi, più il lavoratore è instabile, più teme i suoi simili. L'unico riferimento esterno è, per il ricercatore avventizio, il professore-madre.

Il rapporto filiale tra professore e allievo, premessa indispensabile alla comprensione del fenomeno, merita qui un approfondimento. Seguiamolo dalla nascita. Il professore individua nella popolazione studentesca un soggetto in cui, per affinità impalpabili, riconosce la propensione alla prosecuzione della scuola; lo tiene sott'occhio, gli propone la tesi, lo segue fino alla laurea; lo sostiene come candidato dottorando: sono così posti i fondamenti della subordinazione diretta del giovane al professore. L'individuo "analogo" accede al corso di dottorato, ed ha una borsa per tre anni. È la metamorfosi: il precario esce dal bozzolo; inizia il percorso di precariato vero e proprio, costituito da una sequenza di assegni e borse, di premi e concessioni. Si manifestano ora, acuti, i segni della dipendenza, alimentati dalla promessa di una prossima (ma mai troppo) dipartita dell'individuo anziano che consentirebbe "automaticamente" l'accesso ai ruoli del giovane: mors mea, vita tua. Per inciso, è in questa fase che, nella contraddizione tra la natura pubblica dell'università e l'aspirazione personale alla discendenza culturale, si rende evidente la labilità, nell'accademia, del limite tra pubblico e privato. Ma di questo non tratteremo.

Il comportamento del ricercatore caduco, date le premesse, è fortemente condizionato dai desiderata, anche inespressi, del professore-madre e dai suoi stili di vita. Lo imita. Se il professore è poco sociale e dedica tempi lunghi alla ricerca in laboratorio o in biblioteca, il precario, per analogia, non partecipa alla vita collettiva della società di cui, nonostante tutte le ritrosie, pure fa parte. E, sempre per analogia, mantiene il silenzio. Ma - e qui risiede l'interesse del caso in esame - se il professore pratica invece vita sociale, sforando nei casi più estremi nella politica attiva, il precario anziché seguire le orme del prof-madre, inaspettatamente ne disconosce l'autorità su tale versante comportamentale e insiste nel non professare sociabilità. Le motivazioni sono molteplici e complesse, ma possiamo riassumerle in due filoni principali:

1) la finitezza delle risorse a disposizione dell'individuo più giovane: il lavoratore avventizio, multifunzionale per natura, esercita la propria provvisorietà in molti campi ed è perciò poco propenso a disperdere energie e ad impegnarsi in attività sociali, sindacali o politiche che non gli garantiscano direttamente la sopravvivenza economica. Risultato: meglio astenersi, non c'è né forza né tempo.

2) la fugacità dell'esistenza lavorativa del temporaneo (e della sua esistenza in vitatout court): l'intermittente adotta perciò comportamenti mimetici, non si espone, non eccelle mai, sa che ogni mossa falsa può renderlo riconoscibile e designarlo come vittima ad un predatore, o all'individuo amico che ne dispone vita e morte. Ancora una volta tace.

Infine, un'ulteriore causa dell'afonìa del lavoratore sporadico è ravvisabile nel controllo esercitato su di esso dai suoi simili: la diffidenza gli è costantemente dimostrata dai colleghi decidui che mai sono favorevoli allo scatto in avanti del singolo, al grido di sdegno, alla manifestazione di consapevolezza, allo strappo nella tela, e sempre invece animati da un sentimento misto di paura e vergogna. Paura per caducità; vergogna per sottostima indotta («se non ce l'ho fatta, è colpa mia...» è il refrain del non-assunto).

Il silenzio, in sintesi, si configura come risultato di pratiche individuali - ma estese capillarmente a tutta la popolazione precaria - di autocensura, autorepressione e autosegregazione, determinanti l'astensione di forze vitali dalla vita socio-politica di un paese che, è evidente, ne soffre la mancanza.

Non è facile individuare una soluzione al mutismo generazionale, se un governo (prima o poi) non dimostrerà la volontà di ridimensionare il fenomeno dei contratti creativi. Nell'attesa di tempi migliori, da parte dei lavoratori afasici sarà necessario acquisire consapevolezza delle condizioni di lavoro premoderne (non diremo schiavistiche per non offendere gli animi più sensibili) cui sono sottoposti, condizioni che tolgono diritti fondamentali a chi lavora, e che sanciscono una frattura sociale inaccettabile: da una parte i privilegiati (gli "strutturati") con tutele e scatti stipendiali legiferati, e dall'altra i dannati, i free-lance senza protezione. La presa di coscienza sul piano dei diritti dovrà affiancarsi ad una rilettura disincantata dell'impalcatura di privilegi che avviluppa il sistema universitario, cui l'avventizio (già cripto-barone) aspira ad accedere, privo del desiderio di apportarvi modifiche. Senza questo esercizio critico l'istituzione non potrà risanarsi, autoriproducendosi anzi nelle sue deformità o, se è possibile immaginarlo, acuendole.

Consapevolezza dei diritti e critica dei privilegi, su questi punti è necessario operare per avere un lavoro dignitoso, per non insegnare più gratis, per dare continuità alla ricerca. Per poter parlare.

(7 settembre 2009)

sabato 5 settembre 2009

CARI COLLEGHI, E' ORA DELLA RIVOLTA SOLIDALE

di Francesco Pardi Senato, Commissione Affari Costituzionali - 05 settembre 2009

Appello a tutti i docenti

Cari colleghi della scuola e dell’università,

il nuovo anno scolastico si apre all’insegna di una prospettiva drammatica: la rovina della scuola pubblica. Le scelte di Tremonti hanno sprecato soldi per i fini più assurdi, come la tassa invisibile che ogni cittadino pagherà per l’inutile operazione Alitalia, ma hanno impoverito di colpo in una misura finora sconosciuta l’istruzione e la ricerca. E la ministra Gelmini, priva di qualsiasi competenza in materia ma saldamente ostile alla scuola pubblica, detta le regole per il nuovo sistema di riconoscimento del merito. Materia che conosce bene al contrario, avendo preferito migrare a Reggio Calabria per sostenere l’esame di stato.

Ma prima ancora che sulle riforme discutibili è necessario pronunciarsi sulla condizione dei nostri colleghi precari. Il nuovo anno si apre con la cacciata di decine di migliaia di insegnanti, l’impoverimento delle scuole, la diffusione irresistibile del lavoro gratuito nell’università. Le regole del mercato funzionano solo per i manager: stipendi altissimi e liquidazioni principesche. Agli insegnanti il mercato impone miseria e lavoro non retribuito.

I presidi costretti a recitare il ruolo di manager senza fondi, i rettori che devono vendere i beni immobiliari delle università, i responsabili della ricerca rimasti senza finanziamenti non hanno niente da dire? I docenti che hanno uno stipendio e avranno una pensione possono considerare i colleghi precari che si incatenano per protesta solo come testimoni di esasperazione passeggera?

Ma soprattutto come possiamo tutti tollerare una china che presto impedirà la trasmissione della conoscenza e della cultura? Come possiamo assistere senza un gesto alla chiusura della carriera anche degli allievi più meritevoli?

Bisogna riscoprire la solidarietà. Per coloro che si trovano senza lavoro e senza stipendio, sotto ricatto e privi di sicurezza, lottare è più che mai difficile. E chi è più indicato a difenderli se non i loro colleghi più garantiti? Anche i politici dell’opposizione devono impegnarsi a fondo, ma la vanificazione del ruolo del Parlamento indebolisce la loro azione nelle assemblee elettive e deve indurli a essere più presenti nella società. E’ necessario l’impegno di tutti a difendere e garantire l’autonomia del pensiero critico e la libertà di ricerca. Se si rinuncia ora, presto potrebbe essere troppo tardi.

lunedì 20 luglio 2009

Lettera dei precari università all’on. Mariastella GELMINI

All’on. Mariastella GELMINI
Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Oggetto: il precariato della docenza e della ricerca nell’Università

Signor Ministro,

da molti mesi, come previsto dal DL 180, convertito in legge il 9 gennaio 2009, il paese aspetta invano il decreto attuativo di definizione dei criteri di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni nei concorsi a ricercatore. Un decreto che promette maggiore trasparenza nello svolgimento dei concorsi e che renderebbe possibile sia lo sblocco dei concorsi già banditi dagli Atenei sia l’avvio della seconda e della terza tranche del reclutamento straordinario.

Se la situazione dell’università italiana in questo momento è critica, lo è particolarmente per quella fascia di studiosi che ancora non ha un rapporto lavorativo a tempo indeterminato con gli Atenei e che però, con dedizione, competenza e sacrificio, da molti anni fa quella ricerca grazie alla quale l’Italia continua a essere ai vertici internazionali.

Da molti anni a questa parte, infatti, quasi la metà del personale impegnato a tempo pieno in ricerca e docenza negli Atenei è reclutato con contratti parasubordinati (assegni di ricerca, cococo…) e borse di studio, la maggior parte dei quali privi delle più essenziali tutele previdenziali ed assistenziali. L’elevata professionalità dei ricercatori e docenti precari è dimostrata dal bagaglio delle numerose esperienze in materia e delle pubblicazioni, contribuendo direttamente al prestigio degli Atenei italiani. Così come quasi la metà dei corsi universitari è sostenuta da quello stesso personale precario, il cui lavoro permette agli Atenei il raggiungimento di un corretto rapporto tra docenti e studenti, che tiene l’Italia ai livelli europei.

Purtroppo, la sovrapposizione di diverse riforme, che non sono mai state rese completamente operative, ha generato una situazione di devastante stallo generale e, in particolare, una sostanziale e gravissima sospensione del reclutamento, cioè dei concorsi a ricercatore banditi a livello nazionale. Grazie ad alcune indagini, si stima infatti che nelle Università italiane vi siano circa 50.000 precari impegnati a tempo pieno nella ricerca e docenza (Fonti dei dati: CRUI e MIUR del 2006 su 33 Università censite, MIUR del 2008 più autocensimento nel 2008). I dati rilevati in questi casi, sebbene parziali, evidenziano inoltre una crescita cospicua e costante del precariato nei ruoli di docente e ricercatore universitario. Se guardata dal punto di vista dello Stato, questa circostanza non permette di utilizzare al meglio quelle risorse umane per la cui formazione e qualificazione sono stati spesi centinaia di milioni di euro. Ora più che mai il fenomeno dei cosiddetti ‘cervelli in fuga’ è diventata un’emergenza, ma qual è la sua reale pericolosità? In termini di economia di sistema, le nostre Università hanno formato studiosi di altissima levatura scientifica, che però metteranno il loro sapere a disposizione non della nostra nazione e dei nostri giovani ma di altri paesi. Questo, nel migliore dei casi. Altrimenti saranno destinati a vedere ignorati e mortificati il loro impegno e la loro qualificazione.

Se invece questa situazione la si guarda con gli occhi dei singoli ricercatori e docenti ancora precari, si vedrà un pericolosissimo fenomeno sociale per cui decine di migliaia di giovani e, purtroppo ormai di ex giovani, da un giorno all’altro non riusciranno più a sostenere quello sforzo economico, sociale e umano che finora gli ha dato la forza di aspettare una svolta nella propria vita lavorativa. E questo è particolarmente grave per quegli studiosi che non possono contare su una condizione sociale di partenza agiata.

È questa la selezione che cercava, Signor Ministro?

Questi ricercatori e docenti il proprio dovere – anzi, molto più del proprio dovere – lo hanno fatto, lo stanno facendo e hanno intenzione di farlo. Si tratta però di dargliene la possibilità concreta.

Occorre in primo luogo dare finalmente attuazione a un piano di reclutamento straordinario non più procrastinabile e il ruolo del Suo Ministero è anche quello di dettare quanto prima le linee guida per una campagna di reclutamento ciclico e ordinario sulla base delle reali esigenze di didattica e ricerca degli atenei, che prenda il via col prossimo Anno Accademico.

È necessario inoltre, da subito, assicurare ai ricercatori e docenti precari i diritti minimi di ogni lavoratore: retribuzioni adeguate, diritti pensionistici ed assistenziali, ammortizzatori sociali, rappresentanza negli organi accademici. Tutto ciò con l’obiettivo di mantenere sempre alto il livello di didattica e ricerca nei nostri Atenei italiani e conservare nel nostro paese un livello di civiltà del lavoro degno di questo nome.

Ricordiamo, infine, che non è più accettabile la stipula di contratti di docenza a titolo gratuito, modalità indecente diffusasi in molti Atenei del paese in conformità a quanto previsto dalla L. 230/2005, art. 1, c.10. L’assenza di retribuzione è infatti inevitabilmente correlabile con la riduzione della qualità dell’offerta didattica e soprattutto con un inaccettabile trattamento dei lavoratori. Proprio per la gravità del quadro sopra descritto riguardo la ricerca e docenza precaria, e per organizzare e difendere i lavoratori precari della conoscenza che operano nelle università italiane si è costituito il Coordinamento nazionale dei precari dell’Università.

Dalla lotta per un reclutamento straordinario, dall’opposizione alla ristrutturazione antidemocratica dell’Università alle vertenze locali per i diritti negati, il Coordinamento porterà la voce dei precari dell’Università dovunque sarà necessario. Per la particolarità e l’urgenza che purtroppo caratterizzano la condizione di questi lavoratori, abbiamo la necessità di un confronto immediato e diretto al fine di comprendere con chiarezza quali sono le misure che Lei, e il governo di cui fa parte, abbiano previsto per una soluzione efficace e tempestiva del reclutamento dei ricercatori universitari.

Prima di un punto di non ritorno.

Distinti saluti,

Coordinamento Nazionale dei precari dell’Università FLC-CGIL

venerdì 17 luglio 2009

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA DI COORDINAMENTO DOCENTI PRECARI UNIFI

E' convocata l' assemblea del Coordinamento Docenti Precari Unifi, il giorno Martedì 21 luglio alle ore 21.00, presso la sede Snur (Sindacato Nazionale Università e Ricerca) inPiazza indipendenza 8, Firenze.

All'ordine del giorno:
1. nascita del coordinamento nazionale FLC-CGIL sul precariato dell'università (ricercatori, docenti, tecnici, amministrativi e tecnici-scientifici): nostro rapporto con il coordinamento nazionale;
2. contratti a titolo gratuito: individuazione di strategie collettive per l'A.A: 2009/2010;
3. rapporti con il rettorato: richiesta di un tavolo di confronto;
4. per quanto riguarda la facoltà di Architettura: rapporto con il nuovo l'Ordine degli Architetti;
5. esperienze di rappresentanza nei consigli di dipartimento;
6. varie ed eventuali.

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Coordinamento docenti precari Unifi

giovedì 11 giugno 2009

È nato il Coordinamento Precari dell’Università della FLC Cgil

Da molti anni il i lavoratori precari sono parte fondamentale dell’Università italiana. Tengono corsi, fanno ricerca, gestiscono i laboratori e l’amministrazione. Tutto nel segno della precarietà, tra diritti negati e doveri imposti. La FLC Cgil è impegnata nella lotta per il superamento di questa condizione inaccettabile da ogni punto di vista. La specificità del precariato universitario richiede però modalità di organizzazione che consentano di costituire un sistema a rete anche all’interno del sindacato. Per queste ragioni è nato il Coordinamento precari dell’università.Migliaia di precari delle università avranno ora la possibilità effettiva di organizzarsi in prima persona per lottare per i propri diritti e per le proprie prospettive di vita, lavorativa e personale con il sostegno del più grande sindacato dei settori della conoscenza. Dalla lotta per un reclutamento straordinario, dall’opposizione alla ristrutturazione antidemocratica dell’Università alle vertenze locali per i diritti negati, il Coordinamento porterà la voce dei precari dell’Università dovunque sarà necessario.Il coordinamento precari analizza le politiche universitarie nazionali per gli aspetti che coinvolgono il personale precario docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, propone soluzioni e progetti e, di concerto con gli organismi dirigenti della FLC Cgil, si relaziona con gli altri soggetti politici, sindacali e associativi coinvolti nel sistema universitario. A livello territoriale è protagonista dell’iniziativa sindacale per i precari nei singoli atenei.Come primo atto il coordinamento precari ha preso posizione in maniera netta contro i licenziamenti dei precari che di fatto stanno avvenendo in molti atenei.
Roma, 11 Giugno 2009
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I ricercatori-docenti precari sono una risorsa, non una zavorra
L’università italiana esprime nella docenza in appalto una delle sue anomalie più eclatanti. Dal 1998, anno in cui la legge Berlinguer istituì i contratti di diritto privato con «studiosi od esperti di comprovata qualificazione professionale», ad oggi, il fenomeno è diventato patologico. Nel 2007, a fronte di 61.929 ricercatori e docenti strutturati di tutte le fasce, i docenti a contratto in Italia sono stati 52.051 secondo il MIUR. E se tra questi ultimi si possono trovare alcuni sparuti professionisti con ulteriori impieghi all’esterno dell’ateneo, la quasi totalità dei contrattisti non sono altro che precari che da molti anni, in modo continuativo e, soprattutto, a tempo pieno, danno il proprio decisivo contributo all’attività di ricerca e didattica delle strutture universitarie. Privi di tutele previdenziali ed assistenziali, quasi sempre senza rappresentanti negli organi accademici, i professori ‘in appalto’ sono retribuiti «nei limiti degli stanziamenti di bilancio»: la retribuzione, per un carico di lavoro uguale a quello di un professore strutturato, si aggira normalmente intorno ai 400-500 euro annui, cioè un salario inferiore circa del 99%.Il Coordinamento Precari dell’Università FLC-CGIL esprime grande preoccupazione per i recenti tagli previsti al FFO. Per questo motivo infatti, sempre più Facoltà si stanno allineando al DM 8 luglio 2008, proponendo centinaia di contratti di docenza a titolo gratuito, come già previsto dalla L. 230/2005, all’art.1, comma 10. Non esiste nessun altro Ente statale in cui, a parità di incarico, sia attuata una tale disparità di trattamento tra un lavoratore strutturato ed uno non strutturato. Proprio per questi motivi, che delineano una situazione difficilissima, ancora più gravi appaiono le ripercussioni subite da alcuni docenti precari, impegnati da molti anni nella rivendicazione dei diritti essenziali, che dopo anni di contratti si sono visti costretti a rinunciare alle docenze, vedendosi cancellare di fatto la possibilità di concorrere a posti di docenza a contratto che fino a quest’anno erano stati affidati loro per meriti e professionalità e non certo per esibire l’ennesima mostrina. Indicativo del clima che si sta instaurando è il fatto che siano stati colpiti proprio quei lavoratori che, ‘colpevoli’ di aver preso coscienza dello sfruttamento dei ricercatori e docenti precari che da anni perdura nelle università italiane, avevano osato alzare la testa e denunciare pubblicamente la propria condizione di sfruttamento. Numerosi corsi sono stati infatti cancellati o ulteriormente “caricati” sulle spalle dei ricercatori strutturati, senza preoccuparsi del destino di quei ricercatori-docenti precari che, per anni, hanno sopperito con la propria professionalità alle necessità dei dipartimenti e dei corsi di laurea.Ma chi non sa costruire il futuro non può governare il presente.Occorre allora immediatamente affrontare il problema occupazionale di decine di migliaia di ricercatori e docenti precari che in tutte le università italiane subiranno in prima persona i tagli ai finanziamenti attuati e previsti (L. 133/2008 e 1/2009), il blocco o la riduzione al 50% del turn-over e di un nuovo DDL elaborato nelle ultime settimane che si prospetta “stermina precari”. I recenti attacchi all’università pubblica ed ai suoi lavoratori vanno a detrimento della qualità della didattica e verso una svalutazione di fatto sia dell’insegnamento che del sistema universitario nel suo complesso. Perché i ricercatori-docenti precari sono una risorsa non una zavorra.Noi riteniamo che sia prioritario sbloccare il reclutamento ordinario e quello straordinario di ricercatori. E' oggi più che mai necessario investire maggiori fondi sul reclutamento dei ricercatori ed è giunto infine il momento di stabilire un quadro normativo nazionale che definisca livelli minimi retributivi adeguati per la docenza a contratto e un quadro certo di diritti e tuteleCi si chiede infatti quale futuro il governo e i singoli Atenei offrano a decine di migliaia di lavoratori, ricercatori e docenti precari, cui sono riservati contratti di lavoro stipulati dall’istituzione pubblica nel manifesto disprezzo dei principi della Costituzione e del Codice Civile.Noi continuiamo a ricordare a tutti l’art. 36 della Costituzione italiana: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Libera e dignitosa.La FLC Cgil è contro ogni forma di lavoro gratuito e senza diritti.Il Coordinamento Precari dell’Università FLC Cgil organizzerà mobilitazioni e iniziative di lotta contro il licenziamento dei ricercatori e docenti precari nelle università italiane.

Pubblicato su:
a cura della FLC Cgil

domenica 31 maggio 2009

venerdì 29 maggio 2009

Due domande ai candidati rettore: resoconto dell’incontro con il Prof. Alberto Del Bimbo, professore ordinario

Il Prof. Alberto Del Bimbo prende le mosse da una lunga riflessione sul problema della dispersione amministrativa in Ateneo, presentando le linee guida di una riorganizzazione finalizzata al miglioramento della qualità, in vista di un buon posizionamento nazionale riguardo alle quote di finanziamento assegnate in modalità premiale. Sul problema del reclutamento in generale, l'opinione di Del Bimbo è che non può essere garantito che il futuro dei ricercatori precari sia necessariamente nello stesso ateneo. Tuttavia ciò che ha la massima importanza è che vi sia la massima chiarezza nel rapporto con università, che non deve essere un rapporto con un singolo docente ma con una struttura; e che quindi comporta necessariamente un’accurata pianificazione del reclutamento da parte dei dipartimenti. A questo proposito Del Bimbo ritiene che si potrebbe introdurre un sistema di incentivi ai dipartimenti in base alla carriera che permettono di sviluppare ai loro membri. Nell’immediato (e con riferimento alle priorità per i prossimi anni), Del Bimbo si affida a considerazioni generali relative ai pensionamenti dei prossimi anni, che non lasciano intuire nessuna possibilità di una seria campagna di reclutamento prima del 2011. Fanno eccezione alcuni casi particolarmente urgenti, che tuttavia Del Bimbo non individua tra i giovani ricercatori precari, ma piuttosto in altre tre categorie: a) i tecnici amministrativi precari vincitori di concorso; b) gli idonei a passaggio di fascia, con idoneità in scadenza; c) l’eventuale copertura di carenze di servizio sanitario, dovuta a pensionamenti nella Facoltà di Medicina. Riguardo alla didattica (con riferimento al ruolo dei docenti precari), l'opinione del candidato è che essa sia anzitutto sovradimensionata. Deve essere ridotta (anche se non necessariamente in modo sostanziale), soprattutto in relazione alla proliferazione di corsi di laurea, nonché al fatto che il suo sviluppo ha avuto poca attenzione alle necessità degli studenti e ai bisogni della società. Il reclutamento di docenti non strutturati dovrebbe essere assegnato in modalità prevalente agli assegnisti di ricerca, che dispongono di competenze verificate all'interno di un gruppo di lavoro. Si dovrebbe in ogni caso trattare di una didattica esclusivamente complementare, corrispondente tipicamente a un corso in una laurea specialistica; ciò che invece deve essere un obbligo sarebbe l'attività di tutorship, cruciale date le competenze degli assegnisti. In ogni caso sono da rifiutare esperienze azzardate di reclutamento come molte recenti, caratterizzate da scarsa qualità. Il meccanismo chiave dovrebbe essere il vincolo della disponibilità di risorse alla qualità: riguardo alla didattica potrebbero essere utilizzati anche parametri specifici di valutazione della qualità. Un ultimo punto da menzionare è la partecipazione dei docenti a contratto alle decisioni relative alla didattica. Del Bimbo ritiene che si tratti di membri a tutti gli effetti, che devono disporre anche di diritto di voto; riguardo a questo punto si potrebbe prendere in esame un cambio di statuto di Ateneo. Per il candidato è inoltre inaccettabile la possibilità che vengano svolti corsi gratuiti, anche perché in molti casi si presuppone che corrispondano ad altri tipi di scambi non trasparenti. Dovranno essere introdotti dei minimi, rapportati a un determinato valore orario in relazione all'attività svolta. Il candidato sottolinea inoltre come abbia inserito nel suo programma, ancora prima dell'incontro, la presenza di rappresentanti di non strutturati all'interno del senato accademico, così come nei dipartimenti e nei consigli di facoltà.

(incontro tenutosi mercoledì 6 Maggio presso la Facoltà di Ingegneria)

Due domande ai candidati rettore: resoconto dell’incontro con il Prof. Guido Chelazzi, Prorettore alla ricerca scientifica

Il Prof. Chelazzi è molto stupito dallo scenario presentato dalla nostra rappresentanza relativamente alla situazione delle docenze a contratto, e sottolinea la necessità di rivedere il contratto in alcune sue parti nella direzione di una maggiore tutela e rispetto. Non condivide l’uso massiccio della docenza a contratto e sottolinea la necessità di una sua diminuzione e di una sua rivisitazione. Lui considera la docenza a contratto strettamente legata all’attività di ricerca e quindi esclude di usufruire di questo strumento come mezzo per tenere in piedi corsi di laurea dove non ci sono sufficienti risorse per la didattica. In quel caso dovrà essere ristretta l’offerta formativa, anche mediante la soppressione di corsi di laurea. La docenza a contratto deve nascere dalla necessità di affidare a qualcuno (ricercatore precario con specifiche professionalità) un corso legato alle sue attività di ricerca. Considera inammissibile che i corsi siano gratuiti o sottopagati, la docenza a contratto deve rientrare in una precisa programmazione delle risorse economiche e non deve essere merce di scambio. Si mostra favorevole a una rappresentanza per i docenti e ricercatori precari, nonché favorevole a un futuro regolare tavolo di consultazione. Riguardo alle politiche per il reclutamento, Chelazzi sottolinea la necessità di un cambio di rotta nell’assegnazione dei futuri posti. Ritiene necessaria una programmazione logica di come assegnare le poche risorse a disposizione nei prossimi anni, nell’ipotesi di un’uscita dal blocco dovuto alla condizione di ateneo “non virtuoso”. A questo proposito prefigura una scenario di scarse possibilità di reclutamento: poche decine di unità nel corso di un periodo di vari anni. Osserva che tuttavia queste poche risorse devono arrivare nei settori dove servono e anche tenendo conto di punti di merito, dopo un’accurata programmazione. La programmazione deve essere limpida e tutti ne devono poter venire a conoscenza, assicurando quindi la massima trasparenza nella programmazione delle carriere dei giovani precari. Tuttavia osserva anche come sia impossibile destinare tutte le risorse soltanto al reclutamento di nuovi ricercatori. Il prof. Chelazzi infine ritiene necessaria una rivisitazione dei contratti di ricerca precari, in vista dell’adozione di una forma unica di contratto. Prevede inoltre lo sblocco del minimo fisso per l’assegno di ricerca, che dovrà poi prevedere scatti di stipendio per anzianità e merito.

(incontro tenutosi martedì 12 Maggio presso il Rettorato a Piazza San Marco)

Due domande ai candidati rettore: resoconto dell’incontro con il Prof. Sandro Rogari, Prorettore alla didattica

Il Prof. Sandro Rogari afferma di essersi sempre battuto per una giusta retribuzione delle docenze a contratto; garantisce che nel caso di una sua elezione e nell’ambito delle disponibilità di bilancio si attiverà per proseguire su tale linea. E’ favorevole ad una rappresentanza dei docenti precari limitatamente ai consigli di corso di laurea e di dipartimento, e all’estensione ai precari di tutti i diritti e le agevolazioni esistenti per i docenti strutturati. Sostiene tuttavia che le docenze esterne vadano progressivamente diminuite, in maniera da poter dare maggiori tutele a chi rimarrà ed in tal modo innalzare la qualità della didattica. Per quanto riguarda l’aspetto del reclutamento, dopo aver fornito un quadro non incoraggiante della situazione dell’ateneo, afferma che la priorità per il reclutamento dovrà decisamente essere data ai giovani ricercatori. A questo proposito, oltre alle normali procedure, propone eventualmente l’assunzione di ricercatori a tempo determinato per periodi di sei anni (3+3), in prospettiva di una vera e propria successiva immissione in ruolo.

(incontro tenutosi martedì 12 Maggio presso il Rettorato a Piazza San Marco)

martedì 26 maggio 2009

Due domande ai candidati rettore: risposta del Prof. Alberto Tesi

Come ho già avuto occasione di dire il problema del precariato della docenza, che negli ultimi anni  ha assunto proporzioni enormi specialmente in alcune aree, trae la sua origine dalla riforma degli ordinamenti degli studi universitari secondo il DM/509 che ha portato ad un'offerta formativa fortemente sovra-dimensionata rispetto alla disponibilità di docenza strutturata dell'Ateneo. Fino ad allora, l'utilizzo di professori a contratto, ad eccezione di alcuni casi speciali, era stato limitato ad attività di tipo integrativo a sostegno di insegnamenti curriculari, svolta spesso anche da studiosi illustri provenienti da altri paesi. 

Sono convinto che,  differentemente dal passato, l'offerta formativa dell'Ateneo  debba essere progettata in modo commisurato alla disponibilità di docenza strutturata. Fra l'altro questa va valutata con riferimento ad un orizzonte temporale almeno triennale, tenendo conto dei vigenti requisiti ministeriali di qualità e richiedendo un carico didattico congruo al personale docente strutturato che tenga conto dei diversi ruoli. Questo porterà una ulteriore riduzione dell'offerta formativa attuale e  un utilizzo della docenza esterna, anche  attraverso contratti di tipo pluriennale per assicurare stabilità dei percorsi formativi, limitato a specifiche situazioni e tipologie di docenza (copertura in insegnamenti curriculari vacanti, attività didattica integrativa, obbligo di docenza esterna in alcuni settori,  ...).

A tali docenti, che devono comunque avere un'alta qualificazione dal punto di vista universitario, dovranno essere garantiti, per la durata del contratto, servizi analoghi a quelli dei docenti strutturati, compresa la disponibilità di un posto ufficio per poter espletare al meglio l'attività di ricevimento studenti. Ritengo che tali contratti devono essere retribuiti, tenendo conto delle diverse  tipologie di docenza e compatibilmente con la disponibilità di risorse. Per quanto riguarda la rappresentanza, lo statuto attuale prevede la partecipazione dei titolari di contratto di insegnamento alle sedute dei consigli di corso di laurea. Penso tuttavia che il problema della rappresentanza  vada rivisto in un quadro complessivo che tenga conto anche dei precari della ricerca. Infine, in merito al reclutamento occorre sviluppare una analisi accurata della situazione complessiva del precariato in Ateneo, i cui risultati dovranno essere tenuti in conto al fine di arrivare ad una seria programmazione delle risorse di personale docente su un lungo periodo, che permetta di metter a punto qualche meccanismo di raccordo e di riequilibrio fra le diverse aree.

Codiali saluti,

Alberto Tesi

mercoledì 20 maggio 2009

Due domande ai candidati rettore: risposta del Prof. Paolo Caretti

Prima di rispondere alle due specifiche domande, è necessaria una breve premessa. Il problema del precariato nel campo della docenza ha assunto proporzioni quantitative abnormi per due ragioni concomitanti. La prima è rappresentata da un'espansione dell'offerta formativa che non ha tenuto conto della effettiva capacità del personale docente strutturato di farsene direttamente carico. La seconda è rappresentata da un quadro normartivo incerto circa il numero di ore minimo che ciascun docente strutturato è tenuto a fare e dall'assenza di un serio meccanismo di controllo sull'adempimento degli obblighi didattici. La conseguenza di tutto ciò è stata la trsformazione dei contratti di docenza da strumenti eccezionali e integrativi dell'insegnamento nelle varie materie in strumenti ordinari e sostitutivi della doicenza che dovrebbe spettare al personale strutturato.
La prima linea da seguire mi pare dunque quella di riportare ad un livello fisiologico il precariato della docenza, mediante una ulteriore riduzione dell'offerta formativa e un più intenso e razionale impiego del personale docente strutturato. In secondo luogo è necesario limitare la docenza precaria solo ad esperti esterni di chiara fama o a personale non strutturato, ma che abbia alle spalle un qualche rapporto con l'Università (conseguimento di un dottorato e/o titolarità di un assegno di ricerca).
A tali soggetti  deve essere riconosciuta la possibilità di fruire, temporaneamente, di tutti i servizi predisposti per i docenti strutturati. Quanto al problema della rappresentanza, non vedo la possibilità di una rappresentanza stabile nei vari organi, tenuto conto della natura in ogni caso temporanea dei contratti di docenza (indipendentemente dalla loro durata); semmai si può pensare ad una loro convocazione alle riunioni dei consigli di facoltà in occasione della discussione del manifesto dell'offerta formativa. Quanto alla retribuzione, ritengo, che compatibilmente con la disponibilità di risorse i contratti di insegnameto debbano essere retribuiti come avveniva in passato. Quanto infine al reclutamento esso deve essere parte della programmazione generale del personale docente e seguirne i criteri. 
A presto,
Paolo Caretti

martedì 19 maggio 2009

Elezione del Rettore dell’Università degli Studi di Firenze: due domande ai candidati

La pubblicazione sulla pagina web dei docenti precari Unifi del comunicato stampa del 14 maggio u.s., in cui si evidenziava la scarsa conoscenza della condizione lavorativa dei docenti-ricercatori precari e la mancanza nei programmi dei singoli candidati di proposte precise in merito, ha suscitato notevole interesse presso il personale a contratto, gli studenti ed il personale strutturato che giornalmente lavora al fianco dei colleghi precari.

Da più parti il Coordinamento Docenti Precari Unifi è stato sollecitato a fornire maggiori e dettagliate indicazioni sulle posizioni dei diversi candidati a rettore.

Consapevoli della difficoltà a sintetizzare in poche righe i contenuti espressi nel corso degli incontri avvenuti nelle ultime settimane e onde evitare di attribuire ai candidati considerazioni inesatte o incomplete, rivolgiamo nuovamente, sotto forma di lettera aperta, due puntuali interrogativi a chi si è candidato a “rappresentare l’Università e svolgere funzioni generali di governo, di impulso, di indirizzo e di coordinamento” (art. 12 dello Statuto dell’Università degli Studi di Firenze http://www.unifi.it/CMpro-v-p-5068.html).

 

In qualità di futuro rettore dell’Ateneo fiorentino:

 

1. Quali sono le sue considerazioni in merito a quanto segue:

- i docenti a contratto assumono le stesse mansioni didattiche di un professore strutturato (Regolamento concernente la disciplina dei professori a contratto http://www.unifi.it/bu/11_2004/dr_896_04.html), pur non partecipando alla vita democratica dell’istituzione, neanche in forma di rappresentanza, e non usufruendo dei servizi di Ateneo garantiti al personale docente strutturato, al personale tecnico-amministrativo, ai collaboratori ed esperti linguistici e agli studenti;

- il personale docente dell’ateneo fiorentino è composto da 2.271 docenti-ricercatori strutturati e da 1.544 docenti a contratto, ovvero il 40% della docenza si fonda sul precariato (fonte MIUR statistica 2007);

- a partire dal prossimo anno accademico i corsi universitari affidati a docenti esterni saranno esclusivamente a titolo gratuito, nel disprezzo manifesto dell’articolo 36 della costituzione della Repubblica Italiana (http://www.senato.it/istituzione/29375/131289/131314/131316/articolo.htm). Una tale situazione segnerà il definitivo allontanamento di coloro che dopo anni di precariato nella ricerca e nella docenza subiscono oggi l’ulteriore umiliazione di dover sottoscrivere un contratto gratuito. L’interruzione della continuità didattica e la promozione degli affidamenti in un’ottica di scambio di favori tra università e professionisti (a nostro giudizio eticamente scorretto) andrà a totale svantaggio della qualità della didattica e dell’indipendenza della ricerca;

- ad oggi, la soluzione proposta dall’Ateneo per la problematica della docenza precaria, consiste nella cancellazione di alcuni corsi e nella riduzione del numero di ore di insegnamento di altri corsi, con un taglio del 20% a fronte del mantenimento dei crediti formativi attribuiti al curriculum dello studente!

 

2. Nel caso di una sua elezione a rettore dell’Ateneo di Firenze, ai fini di una tutela della qualità della didattica, quale impegno si sente di assumere pubblicamente relativamente a:

- riconoscimento di giuste retribuzioni e contratti di docenza, di durata almeno triennale, che consentano la continuità didattica e il recupero dei tempi di preparazione e aggiornamento necessari per l’organizzazione di un corso universitario, a fronte dell’impegno e della professionalità delle prestazioni svolte a servizio di Ateneo da parte dei docenti-ricercatori precari;

- adozione di un serio piano di reclutamento del personale docente con una maggiore attenzione nella valutazione del percorso precario e proposte relative alle necessarie modifiche concernenti la disciplina della docenza a contratto (diritti oltre che doveri!) dei vari regolamenti di Ateneo (didattica, personale docente, gestione e sviluppo risorse umane, ecc.) e di Facoltà, volte a garantire il rispetto delle finalità e dei diritti fondamentali che lo statuto di Ateneo fa propri, attraverso strumenti strutturali a medio e lungo termine;

- rappresentanza presso i diversi organi di governo (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione di Ateneo, Consigli e Giunte di Facoltà, Consigli e Giunte di Dipartimento, ecc.) al fine di consentire ai docenti esterni la partecipazione alla vita democratica delle istituzioni presso le quali operano;

- possibilità di accesso dei professori a contratto ai fondi di ricerca finalizzato ad impedire una separazione netta tra ricerca e docenza.

 

Il Coordinamento docenti precari Unifi invita i candidati a rettore a trasmettere le proprie opinioni ed iniziative in merito entro mercoledì 27 maggio p.v.

Le risposte verranno pubblicate sulla pagina web dei docenti precari Unifi.

 

Coordinamento docenti precari Unifi

lunedì 18 maggio 2009

UNIVERSITÀ DI FIRENZE: LE PRIORITÀ DELLA FLC-CGIL FIRENZE

Dal comunicato stampa, redatto in occasione dell'incontro con i candidati alla carica di rettore tenutosi il 18 maggio 2009, visibile integralmente alla pagina http://www.firenze.cgil.it/2009/universita.htm, riportiamo un estratto relativo alle problematiche del precariato:

Il reclutamento e il precariato sono oggi la questione principale.

• L’Ateneo deve procedere mediante una chiara e trasparente programmazione delle risorse indicando il budget destinato al reclutamento e individuando criteri condivisi per l’attribuzione di personale (docente e tecnico/amministrativo) alle diverse strutture. E’ necessario nella programmazione ristabilire un corretto equilibrio tra il personale docente e tecnico/amministrativo per garantire la funzionalità dei servizi, perseguendo l’indicatore nazionale del rapporto 1 a 0,9.

Per quanto riguarda il personale docente la programmazione deve, nei prossimi anni, privilegiare il reclutamento dei ricercatori rispetto alle carriere (Firenze è l’unico tra gli Atenei medio-grandi ad avere più ordinari che ricercatori), salvo settori ritenuti in particolare difficoltà o con precise specificità.

• La presenza di personale precario ha assunto proporzioni enormi: il numero di ricercatori e docenti con contratti precari (assegni di ricerca, borse, prestazioni d’opera, docenti a contratto, ricercatori a tempo determinato) è superiore a quello dei docenti di ruolo. 

La FLC CGIL richiede un tavolo specifico per affrontare le problematiche del personale precario impiegato nelle attività di docenza e ricerca. Insieme alla riflessione sul reclutamento e la programmazione è d’obbligo avviare una ricognizione sulle professionalità espresse in questi anni dall’Ateneo, ricostruendo innanzitutto un’anagrafe delle professionalità. E’ necessario individuare gli strumenti per ridurre l’abuso di personale a basso costo, cercando di incentivare la costruzione di percorsi che favoriscano l’omogeneità di trattamento e la riconduzione verso un unico rapporto di lavoro subordinato. E’ necessario estendere alcuni diritti fondamentali, non solo sul piano del trattamento economico e normativo, ma anche in relazione alla partecipazione agli organi di governo dell’Ateneo.

• L’affidamento di docenze ad esterni, inizialmente previsto per professionalità estremamente specifiche, si è esteso a dismisura, senza che fossero chiariti i diritti, i doveri e le condizioni economiche e normative, arrivando al paradosso di prevedere docenze gratuite.

La CGIL non accetta che vengano meno le elementari norme del codice civile, insegnare all’Università deve essere un’attività alta e qualificata e non può essere certo offerta a volontari, né può esistere prestazione di lavoro in assenza di corrispettivo. Pertanto è necessario affrontare con urgenza il problema, prevedendo in prospettiva un ridimensionamento delle docenze a contratto e predisponendo da subito un regolamento apposito che individui le condizione economiche e normative di questa specifica prestazione d’opera (come previsto in altri atenei) […]


La FLC-CGIL di Firenze

domenica 17 maggio 2009

LA DEMOLIZIONE DELL'UNIVERSITA' PUBBLICA

Professori universitari, presidi di facoltà, rettori di ateneo, tutti dovremmo provare vergogna. Stiamo assistendo, senza alcun moto significativo di contrasto, alla demolizione dell’università pubblica. La finanziaria di Tremonti ha tagliato come non mai le spese per l’istruzione ma abbiamo al massimo balbettato. Di fronte alla nostra inazione la Gelmini, di cui è ignota la competenza in qualsiasi campo, riesce ora ad apparire con relativa facilità come radicale innovatrice. 
Si sapeva bene anche prima della Gelmini che l’università versava in una condizione che sarebbe presto diventata disastrosa. La moltiplicazione delle sedi universitarie e dei corsi di laurea aveva ingigantito le spese, la moltiplicazione dei posti a professore ordinario invece che di ricercatore aveva ristretto il reclutamento di nuove forze: l’invecchiamento della classe insegnante sembra la caricatura dell’invecchiamento della popolazione italiana.
La classe dirigente di centrosinistra ha fatto poco o niente per fronteggiare l’emergenza e più d’una volta l’ha incrementata. Il centrodestra l’ha affrontata alla sua maniera: ha brutalmente chiuso le fonti di finanziamento. Affronto qui per ora solo il lato della didattica. Ormai i corsi universitari sono in buona parte affidati a professori a contratto. Col nuovo regime questo sarà a titolo gratuito. Alcuni degli interessati si consolano con la prospettiva di conservare così il posto in fila per i nuovi concorsi. Ma la didattica è qui per tradizione poco valutata, e la speranza di nuovi concorsi è sempre più infondata. 
Il lavoro gratuito è il nuovo orizzonte dell’economia moderna. Finora pareva limitato ad ambiti circoscritti, ma la dilatazione forzosa dell’apprendistato, la diffusione degli stage hanno ampliato a dismisura una nuova regola del mercato del lavoro: se qualcuno ti da un lavoro purchessia devi essergli così grato da lavorare anche gratis. Non c’è a questo nuovo stato di fatto alcuna giustificazione teorica: è il mero prodotto dei rapporti di forza nel mercato del lavoro. Rapporti così svantaggiosi da vanificare il peso contrattuale di chi ha la disgrazia di avere solo la disponibilità al lavoro. 
La condizione attuale dei professori a contratto gratuito mette in evidenza tre punti. Il primo: la nuova invenzione si allarga dal lavoro non qualificato al lavoro qualificato. Il secondo: se per il lavoro non qualificato il periodo di gratuità può essere ancora considerato provvisorio (ma rischia di essere sempre meno vero), per il lavoro qualificato nell’istruzione la condizione di gratuità è ora assoluta e definitiva: ontologica. Che cosa si contratta in un contratto a titolo gratuito? Il terzo: il soggetto attivo non è l’imprenditore privato ma l’ente pubblico preposto alla trasmissione della cultura e della scienza. In un mercato dove tutto ha un suo prezzo (almeno così ci dicono) il lavoro di chi trasmette conoscenza non merita stipendio: non vale niente.
Marx aveva fondato la critica dello sfruttamento sulla base della duplice natura della forza-lavoro: il capitalista ne paga il valore di scambio (il suo prezzo sul mercato) ma ne impiega il valore d’uso e si appropria del suo prodotto, il plusvalore. L’elasticità di questo sistema contemplava che il lavoro potesse essere pagato di più o di meno (di solito il meno possibile) ma nessun classico - da Smith e Ricardo a Stuart Mill e Keynes, fino ai monetaristi più accaniti - si sarebbe mai sognato di stabilire che il lavoro, impiegato nel suo valore d’uso, deve essere annichilito nel suo valore di scambio e quindi non essere pagato. 
Se invece l’ente pubblico stabilisce come principio la gratuità del lavoro nell’insegnamento ciò significa la rinuncia volontaria alla sua riproduzione. La cosa va presa sul serio. Forse è meglio dirlo in modo ancora più chiaro: il centrodestra vuole fare terra bruciata dell’istruzione pubblica. Ora che ha il vento in poppa vuole approfittare dell’occasione irripetibile: cancellare le generazioni che ritiene pericolose nell’insegnamento, interrompere la loro riproduzione e nel nuovo spazio reso vuoto introdurre una nuova generazione di educatori allevati a brioches e Mediaset.
Il lavoro non pagato una volta generava scioperi. Ma ciò presupponeva saldezza collettiva. I docenti a contratto gratuito non sono e non sanno essere forza collettiva. Sono una moltitudine di individui separati, ognuno ricattato nel chiuso della sua condizione personale, incline a ritenere possibile un’uscita individuale dalla propria difficoltà, indotto a pensare che la rivolta sia il mezzo peggiore per riuscirvi. Sono, in una parola, senza difesa.
Ma i loro maestri non sono così sguarniti. Professori, presidi, rettori hanno stipendi, stanno andando in pensione, e neanche Tremonti potrà sottrargliela. Hanno uno status sociale robusto, alcuni di loro sono autori conosciuti, godono di stima generale. Ma nella massima parte stanno zitti. C’è in questo un lato disumano: come possono assistere immobili e in silenzio a una prassi ministeriale, grigia e implacabile, che spenge le speranze dei loro allievi? Perfino durante la guerra la riproduzione della classe docente veniva assicurata come risorsa irrinunciabile. Come possono tacere di fronte alla cancellazione di chi si è formato nell’esercizio della critica e alla sua sostituzione con schiere di docili consumatori dell’immaginario televisivo?

Pancho Pardi