Incontro sul precariato universitario, FLC-CGIL, Roma, 3 febbraio 2009
L’ INVENZIONE DELLA DOCENZA A CONTRATTO E
L’anomala figura
Al fine di «sopperire a particolari e motivate esigenze» determinate dalla appena avviatasi moltiplicazione dei corsi di laurea, Berlinguer prevede che le Università possano stipulare contratti di diritto privato con «studiosi o esperti di comprovata qualificazione professionale o scientifica» (art. 1, c. 3) da individuare tramite bando e «procedura di selezione» con valutazione di titoli scientifici e professionali: l’aspirante docente free-lance si impegna dunque in un vero e proprio concorso. I contratti, si legge all’art. 2, comma 3, «hanno durata annuale» (ma, per una malintesa sovrapposizione tra anno solare e anno accademico, molti sfiorano in realtà i venti mesi), non hanno garanzia di rinnovo, e comunque «non sono rinnovabili per più di sei anni»: il settimo anno si
Il professore a contratto assume le stesse mansioni didattiche di un professore strutturato (oltre alle lezioni, sono di sua competenza gli esami, i ricevimenti, il tutoraggio etc.); gli è garantita la libertà di insegnamento, da esercitarsi comunque «nell’ambito della disciplina assegnata e tenuto conto della programmazione didattica e degli obiettivi formativi deliberati dalle strutture didattiche» (Statuto dell’Università degli Studi di Firenze, 2008, art. 2, c. 1b). Tuttavia, pur accollandosi in toto le responsabilità didattiche di un qualsiasi docente strutturato, il docente esterno non partecipa alla vita democratica dell’istituzione, neanche in forma di rappresentanza (è importante sottolineare che in Consiglio di Facoltà, sede deputata alla programmazione didattica, gli studenti hanno i loro rappresentanti mentre i docenti a contratto non vi hanno accesso in nessuna forma). Berlinguer, a onor del vero, non nega la partecipazione dei contrattisti agli organi collegiali, se non, come è ragionevole, per le deliberazioni «relative ai posti di ruolo e alla stipula dei contratti d’insegnamento» (art. 2, c. 2), ma gli atenei italiani applicano con eccessivo zelo il comma e, a nostra conoscenza, in Italia la categoria è esclusa da tutte le assise accademiche (con l’eccezione dei Consigli di Corso di Laurea, dove comunque non esercita parere deliberativo). È evidente che la restrizione può andare a detrimento della qualità della didattica, almeno nell’ottica
Berlinguer conferma alcune misure già previste dal DPR 382/1980; in particolare merita sottolineare che, in sostanza, mantiene il diktat
Il pagamento, di prassi, è calcolato a ore di lezione, e nel caso fiorentino (facoltà di Architettura) assurge al valore di 3 euro l’ora, per un totale annuo che si aggira sui due-trecento euro. Ma la realtà supera generosamente l’immaginazione: in molti CdL si stipulano da anni solo contratti a titolo gratuito. Questo è però un merito ascrivibile pienamente all’illuminata legge Moratti... Nella L. 230/2005, art. 1, comma 10, si legge infatti che le università «possono conferire incarichi di insegnamento gratuiti o retribuiti»: la gratuità
LAVORATORE AUTONOMO O SUBORDINATO?
Date le premesse, è avvertibile che il docente a contratto, a dispetto della teoria che lo vorrebbe libero professionista, o lavoratore autonomo, svolge in pratica mansioni da lavoratore subordinato. I contratti di docenza si palesano come un abuso: sottintendono vincoli di orario, obblighi di svolgimento
La legge Moratti configura, infatti, un mai inveratosi lavoratore a tempo determinato che svolge attività di didattica (L. 230/2005, art. 1, c. 14): in tale comma, sono previsti rapporti di lavoro subordinato per lo svolgimento di «attività di ricerca e didattica integrativa», da stipularsi tramite «contratti di diritto privato a tempo determinato». A partire dal 2005, perciò, si attua un regime di coesistenza tra un professore autonomo ex-lege Berlinguer e un professore a tempo determinato.
Se si interpretano le volontà inespresse
Il riconoscimento al docente a contratto dello status di lavoratore subordinato, oltre a poterne prefigurare il reintegro a tempo indeterminato avendo il contrattista già superato anche la valutazione comparativa, gli aprirebbe in ogni caso una via se non all’assunzione perlomeno alla sopravvivenza dignitosa: lo prevede la 180/2008, nell’art. 1, c. 3, che ripartisce le spese da destinare al turn-over (limitato, come è noto, al 50% negli atenei virtuosi): «una quota non inferiore al 60% [è destinata] all’assunzione di ricercatori a tempo determinato, nonché di contrattisti ai sensi dell’articolo 1, comma 14» della L. 230, cioè di lavoratori a tempo determinato della ricerca e della docenza.
Il fenomeno ha assunto dimensioni impressionanti negli atenei italiani. Nonostante la reticenza che i singoli atenei hanno nel diffondere i dati relativi al precariato in ogni sua forma, i numeri sono ingenti: secondo l’ultimo rilevamento MIUR, risalente al 2007, su un organico di 61929 docenti (ordinari e associati) e di ricercatori (peraltro non obbligati per contratto a svolgere mansioni di docenza), i docenti a contratto risulterebbero essere
Quando il ministro Mussi, preso atto del dilagare del precariato docente, a cui avrebbe voluto dimostrare la propria solidarietà, pone per decreto il tetto del 50% agli insegnamenti affidati a contratto in ciascun corso di laurea, i corsi riducono automaticamente l’offerta formativa, espellendo di conseguenza un buon numero di docenti esterni che da anni vi si erano impegnati, e «la misura contro il precariato si trasforma in misura contro i precari» (Docenti precari. Al via la rottamazione, 2007, www.ricercatoriprecari.org). La riduzione o il contenimento del numero degli insegnamenti in appalto risulta tuttavia di dubbia fattibilità nel panorama post-Gelmini: i pensionamenti in massa, la limitazione del turn-over (laddove esso persista) e il taglio dei fondi fanno ipotizzare un luminoso futuro per la didattica esterna; d’altra parte la docenza a contratto non è certo nata per fare un favore ai contrattisti!
Nel caso specifico, l’ateneo fiorentino, “non virtuoso” secondo i parametri della 180/2008, si prefigge comportamenti parsimoniosi quando ormai i buoi sono scappati: innanzitutto riduce al 30% l’entità delle docenze affidate in appalto (ma è dubbio che potrà riuscirci, ve ne è sempre più bisogno); in secondo luogo, con manovra draconiana e lungimirante, i contratti di docenza saranno per i prossimi anni esclusivamente a titolo gratuito (dunque, almeno tre lavoratori su dieci non saranno pagati...), con un risparmio miserevole di fronte ad un impegno di grande mole. In questo clima di tagli, tuttavia, i professori “cessati con incentivazione” che firmano un contratto di docenza continueranno a ricevere i loro 30.000 euro annui di incentivo (cfr. prot. 43303/ 2008, circ. 2/2008), oltre alla pensione che è loro dovuta, per un lavoro che i contrattisti esterni svolgono a titolo gratuito. A questo punto, è lecito domandarsi se esiste un qualsiasi altro ente statale in cui a parità di mansioni le retribuzioni assumano una tale disparità.
«PROFESSIONISTI IN CERCA DI PRESTIGIO»: DOCENTI ANOMALI TRA “STRUTTURATI”
Difficile descrivere la percezione che l’accademia ha dei docenti esterni. Considerati il più delle volte «professionisti in cerca di prestigio» (sono parole del preside di Economia di Firenze, “
Agli occhi degli studenti, ignari dei meccanismi accademici, il docente a contratto, per quanto possa manifestare loro il disagio della propria situazione lavorativa, non si differenzia invece in alcun modo dallo strutturato e gli è perciò riservato ugual rispetto in cambio, tuttavia, di un ugual impegno.
Nel desiderio condiviso con tutte le fasce dei lavoratori dell’Università di eliminare definitivamente il precariato strutturale e di vedere ridursi ad eccezione la figura del docente autonomo, i docenti a contratto richiedono le forme di rappresentanza con voto deliberativo, le tutele previdenziali e assistenziali, e le retribuzioni eque che deriverebbero dal riconoscimento del loro status di lavoratori subordinati della ricerca e della docenza, che in un’università di sana e robusta costituzione continueranno ad essere sempre strettamente interrelate.
ILARIA AGOSTINI,
architetto, dottore di ricerca, è docente a contratto e assegnista di ricerca: in cinque anni ha firmato tredici contratti di docenza con due atenei (Firenze e